Io sono popolo

Una donna sulla scena. Intorno solo alcune cassette di frutta. Indossa una tutta da operaio, calzata a metà con la parte superiore che le penzola lungo i fianchi. Ha una maglietta con un logo sul davanti: Coca Cola, Nike, Adidas oppure altro. Non ha importanza. L’uno vale l’altro, ciò che conta è ciò che rappresentano: marchi.

La donna  racconta  la sua storia che è quella però di milioni di persone che, abbandonate a se stesse, vivono nell’incertezza di un sistema che ormai premia solo pochi per dannare gli altri.

Il suo racconto diventa così una condanna senza appelli. Inesorabile nei confronti di una classe dirigente il cui fallimento è nei fatti, una élite imprenditoriale, finanziaria, politica, intellettuale, massmediatica sempre più autoreferenziale, incapace di rappresentare interessi che non siano parziali se non particolari.

 

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Io sono popolo

 

Commenti e Critiche

 

‘Io sono popolo’ di Alessandro Trigona mi ha chiamato subito per una certa affinità elettiva che viene da anni giovanili e lontani. La nostalgia e la biografia dell’autore ha fatto il resto. Scrive e da molto, ha una formazione poliedrica di scrittura e regia per il teatro centrato sull’attivismo. Il titolo attrae, specie in anni in cui popolo e populismo diventano termini piegati alle più becere convenienze politiche. L’ho immaginata una possibile lettura alternativa a molto di già visto.

In breve, i punti che ho apprezzato del libricino. Vista la scelta del monologo-comizio,  risalta l’aspetto più delicato e dolce del ritratto che la protagonista e unica voce in scena fa di sé da ragazzina, nel contesto di una famiglia che impariamo presto a conoscere dalle sue stesse parole. Una famiglia provata dall’incapacità di scegliere e di farsi un percorso nella Storia, perché – ci viene ripetuto più volte – niente è concesso a chi nasce popolo. Nonno, padre, madre, fratello, lei stessa: sono frutto di un percorso già canalizzato verso l’accettazione pedissequa, uno status quo che non concede nulla a chi nasce in una certa ‘casta’. Lavoro per quattro soldi e pochissimi diritti, il merito schiacciato dalla spintarella di chi governa gli accessi ai piani alti, le ambizioni in fumo sul nascere.

Il testo tocca moltissimi temi e la necessità di metterli in scena potrebbe non essere la chiave più esatta per trasmetterli tutti.

Ci sono potenziali soggetti per altri 3-4 spettacoli. ‘Io sono popolo’ è corposo, denso nelle citazioni e nei riferimenti, tutti coltissimi e immagino, assimilati e amati dall’autore in anni di  lettura e militanza. Linguaggio da aulico a ferino, da animale ferito buttato sulla scena, più che animale da palcoscenico (‘lordura’, ‘forgiare’, ‘fottiti’, ‘fanculo’), Trigona ci ricorda i padri del pensiero di una certa sinistra: Marx e Trotzkij, Gramsci, passando da Cuoco a Camilleri, fino alle più recenti contraddizioni del capitalismo globale, che annulla i particolarismi per livellare tutto a un presente anonimo in cui i bangladini sembrano passarsela meglio dei nativi ‘occupati’.

Ho molte altre osservazioni e riserve, ammetto.
Non le pubblico qui per tatto verso il lavoro di un altro scrittore.
Esporsi, seppur dall’alto di molta esperienza come fa Trigona, non è mai impresa facile, quindi non è compito mio stroncare, ma genuinamente capirne di più.
Inoltre potrei aver frainteso tranquillamente buona parte del suo messaggio.
Per questo motivo mi piacerebbe un confronto diretto con l’autore, uno scambio via e-mail se preferisce, ed eventualmente da pubblicare, se crederà, condito dalle molte domande che vorrei fargli.

Se lo vorrete fare, sarà un ottimo servizio al tempo prezioso di Trigona per scrivere, e pure al mio per leggere, ‘Io sono popolo’.

VALDRADA EUFEMIA