1980
Ottobre. Autunno. Cadono le foglie. E i miei pensieri.
Sdraiato sul letto, fumo. Dovrei alzarmi anche se – in fondo – non saprei neanche perché.
Autunno. Cadono le foglie. Fuori, per strada, un pur pallido sole sorride.
Autunno. Il sole. Maestosa presunzione lo splendere in un giorno, come questo, fuori dal tempo. Fuori dalla vita. Domani le nubi seppelliranno la sua arroganza sotto la loro coltre grigia.
Ottobre. Autunno. Le foglie e uno stupido sole che ride.
Una donna dorme accanto a me: ingombrante residuo di miei pruriti sessuali. Non ricordo il suo nome. Non importa. So solo che fa bene l’amore. Esplicazione pratica da dettami pubblicitari da profilattico: “far bene l’amore, fa bene all’amore”. Ma l’amore nasconde sempre il proprio ventre dietro scenari immaginari, lasciando il campo a una moltitudine di fallimentari pantomime. E a me rimane solo il vuoto inglobato in un corpo mugolante di una donna priva di nome alla quale tutto si può rimproverare tranne di non saper far bene l’amore. D’altronde, lei non sa fare altro. E bisogna capirla. Quando parla è insopportabile. Dice cose ovvie, scontate. Credo che i suoi pensieri li abbia acquistati usati al mercato delle pulci di Parigi: regno del banale. Del resto è vero che non tutti sanno usare la testa. Soltanto pochi, però, se ne rendono conto. Ancor meno quelli che lo ammettono. Praticamente inesistenti quelli che – consci della propria totale incapacità a pensare – si astengono dal pensare.
La donna accanto a me è come Moravia. Dice stronzate e crede di essere indispensabile. Però almeno fa bene l’amore. Per questo è meglio di Moravia.
Chissà quante donne ha avuto Moravia? Chissà se Moravia si é mai vestito da gatto dagli stivali come ho fatto io, a carnevale, a 7 anni?
Gatto dagli stivali. Scrittore dei miei stivali. Però lui è famoso mentre la donna che è distesa vicino a me nel letto non lo è.
Chissà se è più importante essere famosi o far bene l’amore?
Mi alzo.
Ottobre. Autunno. Cadono le foglie e c’è il sole. Incoerenza.
Guardo fuori dalla finestra. Guardo la donna dormiente sul mio letto. Ecco, così mi piace. Quando dorme. Perché tace e non dice stronzate. La soluzione ai miei problemi sarebbe quella di farle l’amore senza darle il tempo di dire cazzate. Così, poi si addormenta, come fa abitualmente dopo il “se dare corporis voluptati” e io posso rimanere tranquillo, da solo, ad osservare il soffitto riempirsi di fumo.
Guardo fuori dalla finestra, mentre i miei pensieri scivolano via dalla mente, appiccicosi e unti.
Chissà se faccio bene l’amore, io? Chissà se diventerò famoso?
Mi volto nuovamente verso il letto. “Moravia” è lì che dorme. Dorme sempre. Anche quando è sveglia, dorme. Solo quando fa l’amore non lo è.
Esco.
Domani pioverà. Lo sento. Forse nevicherà.
Il sole per strada si gode il passeggio del sabato pomeriggio. Tanta gente. Tante persone: strade vuote. Il sole. Fa freddo lo stesso.
Speriamo che mentre sono fuori, “Moravia” si svegli e, non trovandomi, vada via. Non le telefonerò più. Però farò l’amore con lei mille altre volte. Infondo, non è famosa, dice stronzate, ma a letto è qualcuno.
Ottobre. Autunno. Cadono le foglie.
Vorrei trovare una donna. Una donna nuova. Una vera donna. Una che sappia far bene l’amore ma sappia anche che il tempo non ci appartiene. Una donna fuori dal comune. Una donna fuori dalla Provincia. Che stronzata! Fosse contagiosa la stupidaggine? Il tempo passa.
Ottobre. Autunno. Cadono le foglie.
E “Moravia”, distesa sul mio letto, dormirà ancora. Le piace tanto casa mia. Tanto più facile è portarla a casa, tanto più difficile è mandarla via.
Ho deciso: andrò in un cimitero, leggerò le date e sommerò gli anni che sono andati perduti. A Siusi, c’è un bellissimo cimitero. Tutto in ferro battuto. Tra quelle tombe, ho cercato un buon posto per riposare, ma era già tutto pieno. E allora? C’è sempre “Moravia” ad attendermi a gambe aperte. Deve essere ninfomane. Cadono le foglie. Lei mi attende. Cadono le foglie.
Ottobre. Autunno. Freddo. Piove. Nevica. Silenzio.
Autunno. Cadono i miei pensieri.
Farò l’amore con lei un’altra volta: l’ultima! Assurdità! Lo so già che sto mentendo. Sarò suo almeno altre mille volte. E lei farà di me quello che vuole. Io resterò poi muto, e solo, a giocare con i fumi delle sigarette, e a rigare il mio volto riflesso sul vetro di una finestra, mentre fuori il sole ride, nonostante l’autunno, il freddo, il vento, le foglie.
Silenzio.
Ottobre. Autunno. Scivolano i pensieri.
Appiccicosi e unti.